Il paese afferma di voler aprire la sua economia al resto del mondo, ma Pechino esercita un controllo rigoroso sulla tecnologia, sull’accesso ai media e su altre attività vietate al suo popolo.
In Cina è proibito l’uso di social network come Twitter, Youtube e Facebook, ma anche di libri, siti web, del cinema e dei fiori. Il paese si dichiara disposto ad aprirsi di più al resto del mondo, ma la tecnologia e diverse attività, continuano ad essere sottoposte al rigido controllo del regime di Pechino. Di seguito alcune delle cose assolutamente vietate nel Paese asiatico.
Social Network. Facebook, Twitter e Youtube sono vietati. Instagram invece si può usare. Tuttavia non è stato sempre così: il black out su Facebook è avvenuto nel 2009, quando il governo cinese ha individuato nel social un potenziale “sovversivo”. Alcuni analisti ritengono che l’origine del divieto risale ai disordini scoppiati nel luglio dello stesso anno tra uiguri e musulmani cinesi nella provincia nord-occidentale dello Xinjiang. Altri social e siti web che, al momento, non funzionano oltre il Great Firewall, il sistema sviluppato dal Ministero della Pubblica Sicurezza (Ministry of Public Security, MPS) per controllare l’accesso ai siti web considerati “dannosi” per i cittadini cinesi, rientrano Pinterest, Tumblr, Snapchat, Picasa, WordPress.com, Blogspot, Blogger, Flickr, SoundCloud, Google+, Google Hangouts, Hootsuite.
Siti Web. Pechino vieta l’accesso a migliaia di siti web, tra cui quelli pornografici. I censori vietano inoltre agli utenti di Internet di visitare quei siti che criticano il partito comunista o affrontano questioni delicate come i diritti umani. Anche alcuni risultati di ricerca sono censurati. Gli utenti di Internet sono spesso costretti a trovare modalità alternative per discutere di notizie o eventi storici come la protesta di piazza Tiananmen e la grande repressione. Vige inoltre il divieto di frequentare siti d’ incontro, diretto unicamente ai militari, poiché la popolazione può tranquillamente far uso di questi strumenti. Per evitare che i soldati facciano trapelare qualche informazione ritenuta top-secret è vietato loro aprire blog, accedere agli internet point e usare i forum.
Gioco d’azzardo. I cinesi manifestano una grande inclinazione verso il gioco d’azzardo, una tradizione che risale a migliaia di anni fa. Il governo di Pechino lo ha vietato nel 1949 anche se esistono due lotterie di stato e i casinò di Macao. Queste concessioni però sembrano non divertire affatto il popolo cinese, considerato che ogni anno il governo di Pechino sbatte in prigione migliaia di giocatori sorpresi a scommettere su numerosi siti online.
Inoltre la politica repressiva del governo e la campagna anti-corruzione hanno determinato una caduta negli ingressi dei casinò di Macao, compromettendo l’economia del territorio. In compenso nel gennaio scorso, è stato revocato, dopo ben 14 anni, il divieto di possedere una console di videogiochi.
Bitcoin. Nel mese di dicembre 2013, la Banca Centrale Cinese ha vietato l’utilizzo della moneta elettronica Bitcoin estendendo il divieto anche agli istituti finanziari che operano con la valuta virtuale. I privati, invece, fino a questo momento, sarebbero esclusi dal divieto.
Film stranieri e telefilm americani. I legislatori cinesi permettono non più di 34 film stranieri nei cinema ogni anno e limitano l’accesso a diversi film di Hollywood. Il divieto è valido anche per registi cinesi come Ang Lee che ha vinto l’Oscar per la miglior regia nel 2005 col suo film, I segreti di Brokeback Mountain. Il film non è mai stato proiettato in un cinema in Cina. Avatar 2D nel 2010 è stato rimosso dalle sale dopo due settimane per aver individuato nella trama un’allegoria della politica cinese degli sgomberi. I telefilm americani “Mettono in discussione la Costituzione cinese e in pericolo la sovranità nazionale, provocando problemi nella società”, è per questo che il governo cinese li ha vietati. Tra questi The Good Wife, NCIS, The Practice e The Big Bang Theory. In compenso il mercato dei dvd illegali è fiorente.
Il gelsomino. Il fiore intimorisce il governo di Pechino il quale sostiene che la cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini” in Tunisia potrebbe provocarne una simile nel paese. Il gelsomino, era stato utilizzato nel 2011 dal popolo tunisino sceso in piazza per protestare contro il presidente Ben Ali. Il Partito Comunista Cinese ha chiesto che la parola venisse bloccata nei messaggi e nelle chat e nei testi delle canzoni. In alcuni casi è stata anche vietata la vendita di gelsomini al mercato.
Libri. L’Amministrazione Generale di Stampa e Pubblicazione della Cina controlla tutti i libri prima che vengano pubblicati nel paese, e la censura rappresenta una procedura standard.
E’ vietato trattare temi come i diritti umani, il Tibet o il partito comunista o pubblicare articoli sulla ricchezza dei funzionari cinesi. Gli editori che infrangono le regole vengono censurati immediatamente. Nella provincia dello Hunan, il popolare libro Alice nel Paese delle Meraviglie è stato vietato, non a causa degli accenni di satira verso i governi autoritari e la religione. La ragione è più semplice: “Gli animali non possono usare linguaggio umano. E sarebbe disastroso mettere animali e persone sullo stesso livello”.
Piazza Tienanmen. Sono passati già 25 anni dalle proteste degli studenti appoggiati da intellettuali e operai a Piazza Tienanmen a Pechino. La ferita però è ancora aperta: la repressione del governo fu durissima e l’esercito sparò sulla folla. Secondo la Croce Rossa ci furono 2600 persone uccise e ben 30mila feriti. Tienanmen è un grande tabù: tutti i siti web che ne parlano e qualsiasi manifestazione commemorativa sono vietati.
Sostenitori dell’indipendenza del Tibet. Harrison Ford e Richard Gere che hanno espresso pubblicamente il loro sostegno alla causa del Tibet, non possono più mettere piede nella terra del Dragone. A questi si unisce Martin Scorsese, per via del suo film del 1997, Kundun, che racconta la vita e l’esilio del Dalai Lama e Brad Pitt ospite indesiderato per essere stato il protagonista di Sette anni in Tibet.
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